Può l’essere collegarsi al divenire? Una frase come le tante che ti schiaffeggiano il volto e le orecchie tutto il giorno.
Ma che ieri ha fatto piú male del solito.
Una semplice frase letta sfogliando un libro di filosofia al lavoro mentre cercavo solo un punto utile per apporre un timbro.
E i pensieri che hanno iniziato a vagare per la mente.
Credo di si, che per forza l’essere debba collegarsi al divenire. Perché il carattere un motivo per esistere ce lo deve avere. E se è vero che il carattere forma la persona, un po’ come gli occhi sono lo specchio dell’anima, allora, sì, indiscutibilmente, tutto è collegato.
E si spiegano tante cose. Le affinità elettive, le scelte, il corso della storia. Ed il perché certe cose vengono fatte e scelte ed altre no.
Mi chiedo solo perché la parte che si predilige è quella delle scelte non fatte, delle proposte non accettate, delle chiamate non composte. Interessi che non si conciliano, probabilmente, modi di essere, appunto, che creano il divenire…un divenire che comprendo solo io.
Eppure mi chiedo…una normalità come tante può farsi largo tra la folla? Teoricamente si, eppure…eppure qualcosa non passa, qualcosa si scontra con dell’altro.
Un essere vintage per descrivere un mondo che non appartiene all’ essere…mi manca quella sensazione che si ha quando qualcosa stupisce. La provo tante volte nella vita, nei miei viaggi, nel mio essere ma resta lì, nel piccolo di ricordi che condivido con le persone che hanno in comune con me il mio stesso patrimonio genetico. E basta. Perché non c’é l’occasione di condividere qualcosa in più. Perché le proposte che ci sono, beh, sono parole messe là, per azzittire un silenzio che si è fatto troppo rumoroso. E si resta in bilico, tesi verso quel divenire che è il compimento di un essere che non stupisce.